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23 Maggio 2025

Roberto Valbuzzi, un cuoco non ordinario protagonista al Food&Science Festival

Il cuoco protagonista di "Cortesie per gli ospiti" si è raccontato al Teatro Sociale di Mantova

Uno chef fuori dagli schemi, “Un cuoco non ordinario”, come si è definito lui stesso nel suo evento a Food&Science Festival. Roberto Valbuzzi - cuoco e volto noto del piccolo schermo grazie a programmi come “Cortesie per gli ospiti” esce dall’immaginario dello chef che vive tutta la sua vita, quasi 24 ore su 24, nella cucina del ristorante. Per lui, invece, è importante coltivare la creatività e ricevere ispirazione attraverso molteplici contatti e connessioni, così come al primo posto c’è l’amore e il rispetto per la materia prima, mantenendo sempre forte il legame con l’origine dei prodotti, come ha imparato fin da piccolo nella fattoria di famiglia.

Fattoria e ristorante della famiglia Valbuzzi - dai nonni ai genitori fino a Roberto - erano, infatti, un tutt’uno. “Crescere in fattoria, a contatto con la natura, mi ha insegnato che bisogna prendersi i propri tempi. - ha detto Valbuzzi - L’idea dello chef che sta in cucina 24 ore con il grembiule sporco, questa credenza ancora diffusa, credo sia superata. Ho avuto la fortuna di crescere in fattoria e in ristorante, dove impari il ciclo della natura, ti dà competenza e conoscenza. Per me ciò che è “ordinario” è capire come nasce un prodotto. Poi ho anche la tv e gli altri progetti. Sto anche scrivendo un nuovo libro. E’ attraverso queste cose che mi lascio ispirare”. 

Ispirazione che non può essere sostituita dalla tecnologia - comunque un valido aiuto in cucina - né dall’intelligenza artificiale. “C’è un’evoluzione totale nel mondo gastronomico: la tecnologia sta portando nel nostro mondo un aiuto nell’organizzazione e più facilità lavorativa, ma bisogna stare attenti a non perdere i lati umani”, ha detto Roberto Valbuzzi alla platea del Teatro Sociale. “Le innovazioni vanno accolte perché il mondo va avanti, ma l’intelligenza artificiale non è qualcosa che mi appartiene. Mi appartiene, invece, ancora tanto il processo creativo, lasciarmi ispirare, studiare. Ad esempio al ristorante da ieri sera abbiamo un nuovo menu, che è il frutto di un lavoro di squadra insostituibile, che ti dà emozione e sensibilità”. 

Quest’anno il festival esplora il tema “Cambiamenti”. “Qual è stato il tuo più grande cambiamento fin qui?” è stata una delle domande rivolte a Roberto Valbuzzi. “La ricerca della mia identità culinaria - è stata la risposta dello chef - Ti fai delle domande a un certo punto del percorso. Ne parlo anche nel mio libro, che racconta proprio il mio percorso di ricerca e di crescita, in cui spero altri possano riconoscersi. Nel libro esprimo il mio rapporto con la cucina partendo, oltre che dai prodotti, da momenti che sono stati simbolici. Racconto ad esempio la mia lotta, a 12 anni, con il gallo di casa per conquistare un uovo nel pollaio. Questi sono i momenti che mi hanno portato fin qui”.

Ma cosa avrebbe fatto, Valbuzzi, se non fosse diventato cuoco? “Il militare o il pilota probabilmente. In cucina porto comunque un certo rigore. Però oggi non cambierei la mia via con nulla, perché mi permette di vivere il fatto che amo follemente il rapporto con il cibo, attraverso modi diversi. Collaboro con persone che mettono energia in quello che fanno, è un mondo bellissimo e non cambierei nulla”.